L’ortoalto è stato realizzato nel 2016 sul tetto piano di un’ex fonderia, la Simbi, situata nel quartiere di Borgo Vittoria, nella periferia nord di Torino.
Il complesso, opera dell’architetto bulgaro Nicolaj Diulgheroff, risale alla fine degli anni ’30 e costituisce un interessante esempio di architettura del tardo razionalismo: un edificio-macchina con maniche basse, tettoie sporgenti, grandi vetrate e oblò, separate da cortili collegati fra loro. La fabbrica viene dismessa alla fine degli anni ’60 e diventa di proprietà della Città di Torino che la concede in gestione alla Casa Federico Ozanam, per aiutare e accogliere studenti-operai. Alla fine degli anni ’80 i locali sono riconsegnati al Comune e riassegnati a enti diversi, riservandoli ad attività socialmente utili per la comunità locale.
Nel corso degli anni l’intero complesso subisce un rapido degrado, molte sue parti diventano inagibili e solo alcune porzioni di esso, date in concessione a enti più strutturati, sono riqualificate e adibite ad attività più continuative.
Il progetto dell’ortoalto si avvia grazie alla collaborazione con uno di essi, la Cooperativa Sociale Meeting Service che si occupa di inserimento lavorativo di giovani svantaggiati e opera nella Casa Ozanam a partire dagli anni ’80 con la gestione di un ristorante e di un ostello. L’ortoalto viene realizzato, infatti, proprio sul tetto del ristorante, un lastrico solare di 300 metri quadri, trasformato in un giardino pensile coltivato a orto. Un intervento fisico di miglioramento estetico e ambientale, innanzi tutto, punto di innesco della rigenerazione dell’intero complesso.
Ma non solo. L’ortoalto intreccia in modo indissolubile il tema della rigenerazione urbana con quello dell’inclusione sociale.
Fin dall’avvio del cantiere, infatti, l’ortoalto si configura come luogo di apprendimento e di inclusione per numerosi soggetti: la posa della stratigrafia del verde pensile è affidata a una cooperativa sociale di giardinieri, che si certifica come posatore del sistema Harpo e in questo cantiere sperimenta una nuova linea di attività. Le varie fasi delle lavorazioni sono seguite dagli studenti dell’Istituto per geometri di Pinerolo, attraverso un percorso di alternanza scuola-lavoro. La piantumazione finale dell’orto è realizzata dai pazienti dell’AslTO2 tramite un percorso terapeutico dedicato all’orticultura.
La cura dell’ortoalto e dell’apiario installato sul tetto di fronte sono curati quotidianamente dal personale della cooperativa sociale Meeting Service supportati da un’associazione di agronomi e apicultori. La produzione dell’orto (insalate, zucchini, fagiolini, basilico, erbe…) e del miele è introdotta nel menù del ristorante e, pur non raggiungendo grandi quantitativi, contribuisce al reperimento di materie prime “metro zero” per la cucina del ristorante e rappresenta un importante volano per la sua comunicazione e ridefinizione della sua immagine verso i clienti.
Il progetto, concepito da subito come luogo aperto al quartiere e inclusivo, si è scontrato con l’iter normativo e i regolamenti comunali che hanno imposto di definire un unico beneficiario e di regolamentarne l’accesso attraverso la realizzazione di un cancello dotato di una chiave. Ciò nonostante, nel corso del 2016, l’ortoalto è stato aperto al quartiere in occasione di diverse feste pubbliche che hanno dimostrato le sue grandi potenzialità come luogo di interazione e socialità.
A partire da questi presupposti si sta costruendo ora il prossimo futuro dell’ortoalto e di Casa Ozanam, favorito anche dalla recente introduzione da parte della Città di Torino del “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la gestione e la rigenerazione dei beni comuni urbani”.
Proprio sul solco di queste nuove strategie di cura dei beni comuni, l’ortoalto è oggi un giardino condiviso, sul modello dei Jardins Partagés parigini: aperto a tutti i cittadini due pomeriggi alla settimana; presidiato e curato grazie a un patto di collaborazione tra cittadini attivi che coinvolge oltre a OrtiAlti, Meeting Service e altre associazioni del territorio, tre giovani stranieri richiedenti protezione internazionale che risiedono nell’ostello e che, attraverso un percorso di formazione, sono oggi i veri guardiani, giardinieri, apicultori e animatori di questo luogo speciale.
Un processo di apertura e cura condivisa dei beni comuni, che a partire dall’ortoalto, vuole estendersi a tutta la Casa Ozanam, per trasformarla in vero community hub, a
servizio del quartiere, in cui si integrano funzioni di ospitalità, produzione e animazione culturale a vocazione ambientale.
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