LE VEPA NELLE GLASS HOUSES

Da più di un secolo gli architetti cercano, per le loro opere, un’armonia

e un’integrazione con il paesaggio. Quale materiale migliore allora

del vetro? La trasparenza del vetro annulla il volume, elude la forma

e lascia trasparire l’esterno e gli elementi della natura esaltandoli,

moltiplicandoli in un gioco di specchio e di rimandi all’infinito.


Le grandi vetrate panoramiche, fisse o apribili, e il vetro in tutte le sue declinazioni sono state una costante imprescindibile nelle opere degli architetti più celebri, da Frank O’Gehry a Norman Foster, da Frank Lloyd

Wright a Rem Koolaas, da Santiago Calatrava a Philip Johnson, senza

dimenticare Tadao Andò, Oskar Niemeyer, Patrick Schumacher, Jean

Nouvel, Kazuyo Sejima, Renzo Piano, Steven Holl, Massimiliano

Fuksas, Vincent Callebaut e tanti altri ancora.


Queste grandi finestre, queste enormi vetrate che sostituiscono i muri

tradizionali o ritagliate nelle pareti, diventano delle vere e proprie

tele che raffigurano le opere d’arte della natura, dell’ambiente, dei

paesaggi, del clima. Soggetti che mutano in continuazione con il

trascorrere del tempo, delle ore, delle stagioni.


Quadri sempre diversi a seconda della luce del sole o del tempo

climatico. Chi li osserva ammira il flusso ipnotico delle stagioni,

sempre mutevoli, cangianti. 


Le vetrate panoramiche diventano così quadri dinamici, in perenne “divenire”, dove appaiono e svaniscono, mai uguali, tutte le sfumature poetiche del tempo, attraverso lo scorrere delle emozioni.

 

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